Dove nasce l’aperitivo, le radici dell’amaro

Dalle ricette di Ippocrate al vermouth di Carpano, la lunga storia dell’aperitivo tra medicina, sapori amari e cultura del brindisi.
Di Discover Wineries
26 Settembre 2025

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L’aperitivo non nasce come gesto conviviale, ma come cura. Il termine deriva dal latino aperitivus, cioè “che apre”, e per secoli ha indicato una preparazione utile a stimolare l’appetito, a “dischiudere” lo stomaco e prepararlo al cibo. Una funzione essenziale nella medicina antica, ben prima che nel rito moderno. 

Per trovarne le origini bisogna risalire fino alla Grecia del V secolo a.C., dove Ippocrate – medico, filosofo, scrittore e padre della medicina occidentale – elaborò una ricetta per aiutare i pazienti inappetenti. Il composto prevedeva vino dolce arricchito con fiori di dittamo, ruta e assenzio, erbe dal profilo amarognolo, capaci di attivare le ghiandole salivari e risvegliare l’organismo. Questa miscela, tramandata nel tempo, venne ricordata come vinum Hippocraticum.

Dall’amaro al piacere del convivio

I Romani furono i primi a servire bevande aromatiche ai banchetti.

Furono i Romani a dare al vinum Hippocraticum un primo uso ludico. Aggiungendo rosmarino e salvia, iniziarono a servirlo all’inizio dei banchetti come bevanda introduttiva. Era ancora medicina, ma già si affacciava l’idea che potesse accompagnare il piacere. 

Durante il Medioevo, erboristi e monaci continuarono a sperimentare miscele simili, osservando che le note amare stimolavano la fame mentre quelle dolci la spegnevano. È in questi secoli che l’amaro smette di essere solo un sapore e diventa un segnale, una porta d’accesso al pasto.

L’invenzione del vermouth

Torino, la città dove nel 1786 Antonio Benedetto Carpano inventò il vermouth.

La svolta decisiva arriva a Torino nel 1786. In una piccola bottega sotto i portici di Piazza Castello, un giovane liquorista di nome Antonio Benedetto Carpano crea una bevanda che cambierà la storia del gusto, un vino bianco aromatizzato con erbe, radici, spezie e scorze d’arancia, lo chiama vermouth

L’intuizione non sta solo nella ricetta, ma nella sua destinazione, Carpano non lo pensa come farmaco, ma come piacere. Una bevanda elegante, profumata, da sorseggiare in compagnia prima di cena. Un gesto che, da funzionale, diventa culturale. 

Per far conoscere la sua invenzione, Carpano decide di inviarne una cassetta a Vittorio Emanuele II, il re ne resta colpito e lo adotta come bevanda ufficiale di corte. Da lì, il vermouth si diffonde nei caffè torinesi, poi in tutto il Nord Italia. A Milano nasceranno i bitter, lo spritz, nuovi cocktail e nuove forme di socialità urbana. Ma è in quella bottega piemontese che si compie il passaggio decisivo, l’aperitivo moderno prende forma.

Da Torino al mondo, un’eredità viva

l vermouth non resta una moda local, diventa un simbolo. Torino lo esporta in tutta Europa, e con esso esporta un’idea di gusto che è anche un’idea di tempo: un momento per rallentare, per trovarsi, per dare inizio a qualcosa senza fretta. 

L’aperitivo si trasforma così in un rito quotidiano, capace di parlare il linguaggio dell’incontro, si beve prima di cena, ma non per necessità, lo si fa per aprire la conversazione, per concedersi una pausa, per celebrare ciò che viene prima di ogni pasto, la presenza degli altri. 

Oggi l’aperitivo non è più solo una tradizione, è una forma di convivialità, di cultura sociale. Ogni sorso racconta una storia fatta di medici greci, banchetti romani, spezierie medievali e genio torinese, un gesto lieve che ha attraversato i secoli trasformandosi senza mai perdere il suo senso profondo. 

Aprire lo stomaco, certo, ma anche la mente, il dialogo, la voglia di condividere, ecco perché, dopo duemilacinquecento anni, l’aperitivo resta uno dei gesti più attuali e universali.

Nascono i classici dell’aperitivo italiano

Il Negroni, nato a Firenze negli anni Venti, è oggi il simbolo internazionale dell’aperitivo italiano.

Dal vermouth nascono non solo un rito, ma anche alcuni tra i cocktail più celebri della tradizione italiana. Prima l’Americano, semplice e immediato, che unisce vermouth e bitter con una spruzzata di soda. Poi il Negroni, inventato a Firenze negli anni Venti, quando il conte Camillo Negroni chiese di rinforzare l’Americano con il gin, quel gesto, nato quasi per gioco, ha creato un’icona mondiale: un drink che ancora oggi racconta l’eleganza e la forza dell’aperitivo italiano. 

Ognuno di questi cocktail è una variazione sul tema, ma tutti hanno al centro il vermouth, il grande protagonista di un’epoca che da Torino si è diffusa nel mondo.

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