Tra il bianco e il rosso, per qualche anno un’insolita bevanda ha modificato gli equilibri delle classiche discussioni fra appassionati: quella del vino blu. Proprio così: all’incirca un decennio fa, è infatti apparsa sul mercato una varietà di vino dall’inusuale colorazione bluette. E nonostante non tutti i Paesi abbiano permesso di definirlo vino in senso stretto, bensì “bevanda a base d’uva”, i processi di produzione non si sono mai troppo discostati della classica vinificazione. Ma qual è il segreto di un prodotto così particolare?
Un’idea nata in Spagna
Il vino blu nasce in Spagna dall’idea di un gruppo di imprenditori locali che, desiderosi di sperimentare nuove tecniche produttive e di conquistare anche il mercato dei giovani consumatori, circa una decina di anni fa decisero di mettere a punto una bevanda dalla colorazione unica.
L’idea alla base del vino blu – lanciato ufficialmente sul mercato nel 2015, con il marchio Gik Live – era quella di proporre un prodotto visivamente accattivante, meno legato alle logiche del vino classico, tuttavia sempre derivato da comuni pratiche di vinificazione. L’originale colorazione venne infatti ottenuta abbinando uve di specie diverse, aggiungendo poi alcuni composti e pigmenti di origine naturale.
Per quanto il vino blu sia tutt’oggi disponibile per l’acquisto sui portali online di distributori di terze parti, è però necessario segnalare che le pagine social e il sito ufficiale legato al progetto non vedono aggiornamenti ormai da diverso tempo. Eppure, indipendentemente dal possibile destino dell’esperimento spagnolo, c’è da scommettere che quello dei vini colorati sia un mercato pronto a riservare sorprese in futuro.
Come si ottiene il colore blu

Per ottenere l’insolita colorazione, gli imprenditori alla base di questo singolare progetto decisero di condurre diverse sperimentazioni sulle uve classiche, per trovare un mix che potesse garantire una piacevole colorazione blu.
Dopo diversi tentativi, si arrivò all’unione di uva sia rossa che bianca, con particolare preferenza per le varietà Chardonnay e Syrah. Il mix ideale per ottenere un vino fresco ma strutturato, dal gusto tendenzialmente dolce e dal grado alcolico moderato – attorno agli 11-12 i gradi – perfetto sia per le degustazioni che per gli abbinamenti a tavola.
Eppure, non furono né la vendemmia né la fermentazione naturale a garantirne l’insolita colorazione, bensì l’aggiunta di antociani, ovvero dei pigmenti naturalmente presenti nella buccia dell’uva rossa. È però utile ricordare che, per ottenere un blu addirittura più brillante, per bevande di questo tipo possono essere usati anche coloranti alimentari, come l’indigotina: una sostanza approvata e considerata sicura per il consumo umano.
Tra bevanda e vino blu
Come già accennato, poiché il metodo di produzione ha previsto passaggi non codificati dalle normative di tutela del vino, così come per i comuni processi di certificazione, il vino blu è stato più propriamente definito come bevanda sperimentale. In diversi Paesi, tali prodotti devono essere classificati come “bevanda a base di vino” o “bevanda a base d’uva”, pur avvalendosi per la gran parte dei classici passaggi della vinificazione.
Ancora, non si può dire che, nel corso di questi dieci anni, siano mancati fitti dibattiti fra esperti e appassionati. Da un lato i tradizionalisti, preoccupati che vini non convenzionali potessero minacciare la grande tradizione enologica europea, incentrata sulla valorizzazione dei territori, delle uve, delle tradizioni e dell’artigianalità. Dall’altro gli entusiasti, che da sempre abbracciano con curiosità le sperimentazioni, per un mercato in continua evoluzione. Bisogna inoltre considerare che simili prodotti non nascano per sostituire il vino classico, bensì per un mercato parallelo, non rappresentano perciò una minaccia.
Non solo blu: altri esperimenti insoliti

Non solo vino blu, negli ultimi decenni sono state diverse le bevande colorate lanciate sul mercato. In particolare, fra i progetti di maggior successo si elencano:
- il vino verde, di origine spagnola e portoghese, realizzato con pigmenti naturali e l’aggiunta di erbe aromatiche;
- il vino arancione, realizzato con uve bianche macerate con le loro bucce, per ottenere un colore mediamente ramato;
- il vino magenta, per varianti rosé ottenute sempre con l’aggiunta di antociani;
- il vino nero, alcuni di origine completamente naturale dato l’impiego di uve molto scure, altri invece bevande realizzate con l’aggiunta di polvere di carbone attivo.
E ora non resta che attendere le future novità del mercato: come sarà il vino del futuro?