Parlare di Château Margaux significa evocare il cuore del Médoc e, più in generale, la grandezza di Bordeaux, una delle culle mondiali della viticoltura insieme alla Borgogna e alla Champagne.
Da secoli questo luogo straordinario rappresenta un modello di eleganza e longevità, al punto da essere inserito nel 1855 tra i ristretti Premier Grand Cru Classé, un riconoscimento che spetta soltanto a cinque château, da sempre considerati il vertice assoluto del vino francese.
La consacrazione del 1855

La classificazione ufficiale dei vini di Bordeaux fu voluta da Napoleone III in occasione dell’Exposition Universelle di Parigi. La Camera di Commercio di Bordeaux incaricò i commercianti locali di redigere un elenco dei migliori vini del Médoc e delle Graves sulla base della reputazione e dei prezzi di mercato.
Al vertice furono collocati quattro nomi: Lafite, Latour, Haut-Brion e Margaux. L’unico cambiamento avvenuto in seguito riguarda Mouton Rothschild, promosso nel 1973 al rango di Premier Grand Cru Classé, dopo quasi un secolo di battaglie da parte di Philippe de Rothschild.
Margaux, un nome dai molti volti

Il termine Margaux racchiude significati diversi e strettamente collegati, è innanzitutto una delle denominazioni più prestigiose di Bordeaux, l’Appellation d’Origine Contrôlée Margaux. È poi il nome del villaggio – oggi parte del comune Margaux-Cantenac – che conta circa 1.500 abitanti. È naturalmente la leggendaria tenuta, Château Margaux, e infine è anche il nome del suo vino di punta, il Grand Vin de Château Margaux.
Dalle origini medievali alla Versailles del Médoc
La storia del dominio affonda le radici nel XII secolo, quando era conosciuto come La Mothe de Margaux, un piccolo castello fortificato. Nel 1802 il marchese Bertrand Douat de la Colonilla acquisì la proprietà e affidò all’architetto Louis Combes la costruzione dell’attuale residenza in stile neoclassico palladiano. Completato nel 1810, l’edificio, per la sua imponenza e armonia, è passato alla storia con il soprannome di “Versailles del Médoc”.
La reputazione internazionale di Château Margaux era già consolidata in precedenza, nel 1771 il suo vino fu il primo Bordeaux a comparire in un catalogo d’asta di Christie’s a Londra, segnando l’inizio di un legame privilegiato con il mercato inglese.
Nel 1787 Thomas Jefferson, allora ambasciatore degli Stati Uniti in Francia, visitò Bordeaux e annotò nei suoi taccuini che non esisteva bottiglia di Bordeaux migliore di Château Margaux.
La rinascita moderna

Dopo alterne vicende proprietarie, nel 1977 lo château fu acquistato dal magnate greco André Mentzelopoulos. Animato da grande passione e da una visione lungimirante, avviò un programma di rinnovamento affidandosi al celebre enologo Émile Peynaud.
Alla sua morte prematura, nel 1980, la guida passò alla figlia Corinne, che a soli 27 anni divenne la prima donna a dirigere un Premier Grand Cru Classé, il suo ingresso segnò una nuova era. Con il supporto tecnico di Paul Pontallier, arrivato nel 1983 e rimasto fino al 2016, Corinne rilanciò il Pavillon Rouge, seconda etichetta nata nel 1908 e sospesa negli anni Settanta, e riportò in produzione il Pavillon Blanc, Sauvignon Blanc in purezza già presente dagli anni 20. La gestione fu improntata a rigore e innovazione: le vigne furono suddivise in oltre settanta parcelle, vinificate separatamente e poi assemblate solo dopo lunghissime sessioni di degustazione. Una pratica oggi comune, ma introdotta a Margaux con largo anticipo.
Negli anni Novanta la famiglia Mentzelopoulos cedette una quota di maggioranza al gruppo Agnelli, che mantenne il controllo fino al 2003, quando Corinne riacquistò tutte le azioni tornando proprietaria unica. Da allora ha rafforzato ulteriormente la reputazione della tenuta, fino all’ingresso della nuova generazione: la figlia Alexandra, dal 2012, partecipa attivamente alla gestione e nel 2023 la famiglia ha avviato una transizione che l’ha vista assumere ruoli di primo piano accanto al fratello Alexis.
Il percorso di Corinne si inserisce in una linea storica che ha visto altre figure femminili lasciare un segno profondo nel mondo del vino. Basti ricordare Barbe-Nicole Ponsardin, la celebre Veuve Clicquot che rivoluzionò la Champagne nell’Ottocento, o Juliette Colbert Falletti di Barolo, protagonista dello sviluppo del nebbiolo in Piemonte.
I vini e le scelte produttive
Il Grand Vin de Château Margaux rappresenta l’essenza della tenuta. È basato prevalentemente su Cabernet Sauvignon – percentuali variabili tra l’85 e il 90% a seconda dell’annata – con l’aggiunta di Merlot, Cabernet Franc e Petit Verdot. L’affinamento dura dai diciotto ai ventiquattro mesi in barrique nuove, prodotte in parte nella tonnellerie interna dello château. Solo una frazione del raccolto, generalmente intorno al 30–40%, viene destinata al Grand Vin.
Accanto a questo vino iconico troviamo il Pavillon Rouge, che riflette lo stile della tenuta con maggiore immediatezza, e il Margaux du Château Margaux, terza etichetta pensata come porta d’ingresso per scoprire la finezza del terroir. Un ruolo speciale spetta al Pavillon Blanc, Sauvignon Blanc in purezza prodotto in quantità limitatissime, con rese severamente selezionate e fermentazione in barrique senza svolgimento della malolattica.
La produzione complessiva è di circa 350.000–400.000 bottiglie l’anno, con 120.000–150.000 dedicate al Grand Vin, 100.000 al Pavillon Rouge, 60.000 al Margaux du Château Margaux e circa 10.000 al Pavillon Blanc.
Terroir e annate leggendarie

La chiave dell’eccellenza di Margaux è il terroir, caratterizzato da suoli di ghiaia fine e media di origine antichissima, con profondità che possono raggiungere gli undici metri e venature argillose nel sottosuolo. Queste condizioni garantiscono drenaggio ideale e permettono alle viti, soprattutto di Cabernet Sauvignon, di sviluppare radici profonde e uve di straordinaria complessità.
Alcune annate hanno segnato la storia del vino: la 1900, la 1928, la 1945 e soprattutto la 1961, considerata un vino costruito per l’eternità. Tra i millesimi più recenti spiccano il 1990, il 1996, il 2000, il 2015 e il 2016, tutte bottiglie che hanno ottenuto riconoscimenti eccezionali dalla critica internazionale.
Curiosità e mito

Oltre alla grandezza enologica, Château Margaux è avvolto da episodi leggendari. Nel 1989, durante una cena al Four Seasons di New York, un cameriere fece cadere e frantumare una bottiglia del 1787 che si riteneva appartenuta a Thomas Jefferson. Stimata tra i 200.000 e i 500.000 dollari, era considerata l’ultima esistente di quell’annata. L’assicurazione risarcì solo in parte il proprietario, il collezionista William Sokolin, ma l’episodio contribuì ad alimentare il mito del vino di Margaux.
Oggi lo château continua a rappresentare un equilibrio perfetto tra storia, terroir e innovazione, mantenendo intatto il prestigio di un nome che da oltre nove secoli è sinonimo di eleganza e grandezza nel mondo del vino.