Il Sangiovese è il cuore pulsante dell’enologia italiana, è il vitigno più coltivato del Bel Paese, con oltre 70.000 ettari distribuiti dalla Toscana alla Romagna, dall’Umbria alle Marche, ma anche in regioni meno attese come Sardegna, Puglia e Molise. È una varietà che sa adattarsi, trasformarsi, raccontarsi in mille modi, mai in maniera banale.
Nel Sangiovese convivono due anime, quella popolare, fatta di vini semplici, diretti, che arrivano sugli scaffali a pochi euro, e quella nobile, che regala bottiglie capaci di sfidare il tempo e competere con i più grandi rossi del mondo. È un vitigno che non ha paura di sporcarsi le mani nella quotidianità, ma che sa anche vestirsi da gala con eleganza.
Radici antiche e rivalità moderne

Le origini del Sangiovese si perdono tra le colline toscane e romagnole. Le prime testimonianze scritte risalgono al 1600, con un documento notarile ritrovato a Faenza che menziona chiaramente il nome “Sangiovese”. Tuttavia, la tradizione toscana ne rivendica la paternità fin dall’epoca etrusca.
In realtà, è probabile che le due regioni abbiano selezionato nel tempo cloni diversi della stessa famiglia genetica. E questo spiega molte cose: la variabilità dei risultati, le sfumature diverse, le dispute accese tra chi vuole il primato. Una cosa è certa: il Sangiovese ha attraversato secoli di coltivazione, selezione, sperimentazione. Oggi se ne contano oltre 100 cloni registrati.
È una varietà tardiva, sensibile, che matura tra fine settembre e inizio ottobre. Ama i terreni calcareo-argillosi e i climi temperati. In un grande terroir, dà vini longevi, austeri, di rara eleganza. Altrove, rischia l’eccesso di produttività e la banalizzazione.
I grandi nomi del Sangiovese

Il Brunello di Montalcino è il vertice qualitativo del Sangiovese. Viene prodotto esclusivamente con il clone grosso e prevede un lungo invecchiamento: almeno cinque anni, di cui due in legno. Ne nasce un vino profondo, complesso, capace di invecchiare per decenni.
Il Chianti Classico, invece, rappresenta l’anima più versatile del vitigno. Almeno l’80% deve essere Sangiovese, ma molti produttori scelgono il 100%. Nasce tra Firenze e Siena, nelle zone storiche del Gallo Nero: Gaiole, Radda, Greve, Castellina. È un vino fresco, floreale, speziato, perfetto per la tavola.
Il Vino Nobile di Montepulciano Il Vino Nobile di Montepulciano nasce da un minimo del 70% di Sangiovese (qui chiamato Prugnolo Gentile) e affina in legno. Elegante, speziato, morbido, ben strutturato, è un altro grande ambasciatore della Toscana. Per scoprire il paesaggio che gli dà vita, leggi il nostro approfondimento sulla Val d’Orcia.
Il Morellino di Scansano proviene dalla Maremma. Minimo 85% di Sangiovese, qui in versione solare e mediterranea: fruttato, succoso, immediato. Un rosso di grande piacevolezza.
Infine, il Sangiovese di Romagna, anche qui almeno 85% di base, ma con uno stile più diretto, fruttato, pronto. Zone come Modigliana, Predappio e Coriano stanno oggi valorizzando il lato più fine ed elegante di questo vitigno, con risultati sorprendenti.
Oltre alle denominazioni classiche, il Sangiovese brilla anche in molte IGT, soprattutto in Toscana, dove esce dagli schemi per dare vita a etichette d’autore. È un vino che sa essere DOCG, ma anche spirito libero.
Un vino, mille volti nel calice

Cosa aspettarsi da un calice di Sangiovese? Impossibile rispondere con una sola definizione. Il ventaglio è troppo ampio. Ma esistono alcune costanti.
Il colore è rubino brillante, mai troppo carico. Con il tempo vira sul granato. Al naso, la ciliegia matura è quasi sempre presente, insieme a note di viola, rosa, terra, a volte caffè, tabacco, legno. Al gusto, un buon Sangiovese è vibrante, con tannini decisi e una buona acidità. Caldo, ma mai eccessivamente morbido. È questa combinazione che ne garantisce la longevità.
Anche negli abbinamenti, il Sangiovese è un compagno affidabile. Quelli giovani, non affinati in legno, stanno bene con salumi, primi rustici, pizze. I vini più strutturati, come il Chianti o il Morellino, si sposano con arrosti, cacciagione, bistecche. I grandi rossi da invecchiamento, invece, sono perfetti da meditazione o con formaggi stagionati.
Curiosità e orizzonti internazionali

Non tutti sanno che nella storica ricetta del Chianti del Barone Ricasoli (metà Ottocento), il Sangiovese veniva tagliato con uve bianche come Trebbiano e Malvasia. Una pratica vietata dal 2005, ma significativa di quanto il vitigno abbia sempre vissuto in equilibrio tra tradizione e sperimentazione.
Fuori dall’Italia, il Sangiovese ha trovato casa in California, nella Napa Valley, ma anche in Argentina, Australia e Corsica, dove prende il nome di Nielluccio.
Ma nessun luogo riesce a raccontarlo come l’Italia. Perché il Sangiovese non è solo un vitigno, è cultura, identità, linguaggio. È la dimostrazione che i grandi vini non nascono da mode, ma da passione, dedizione e rispetto per la terra.