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L’Amarone della Valpolicella, come il Brunello di Montalcino, il Barolo e il Barbaresco, fa parte di quella cerchia ristretta di vini italiani riconosciuti a livello internazionale per la loro importanza e qualità.

Ci tengo a fare una precisazione: esistono tantissimi altri vini italiani che non hanno nulla da invidiare a quelli appena citati, penso, ad esempio, al Sagrantino di Montefalco, all’Aglianico del Vulture, al Montepulciano d’Abruzzo, al Nerello Mascalese, allo Sforzato di Valtellina, al Roero DOCG, al Nobile di Montepulciano, e mi scuso fin d’ora per tutti quelli che non sto menzionando.

“Scopriamo insieme l’affascinante storia dell’Amarone della Valpolicella, un vino che ha davvero molto da raccontare.”

Quel giorno a Negrar nacque l’Amarone per caso

Paesaggio collinare della Valpolicella con vista sul Lago di Garda – Davide Guidolin/123RF

“Un errore di cantina, una botte dimenticata e un risultato inaspettato. Così, quasi per caso, nacque uno dei vini più celebri d’Italia, trasformando per sempre la storia della Valpolicella.”

Quando il Recioto regnava sulla Valpolicella negli anni ’30

1936. Siamo in piena epoca fascista e ci troviamo precisamente a Negrar, una delle 5 vallate distribuite a ventaglio a nord della città di Verona. All’epoca il vino più importante e conosciuto della zona era senza dubbio il Recioto della Valpolicella, un vino dolce, passito, rosso, chiaramente da fine pasto.

Va detto che la Valpolicella era già famosa fin dall’antichità per i suoi vini cosiddetti “acinati” cioè da appassimento. Grazie alle caratteristiche dei vitigni autoctoni e naturalmente del clima locale, accanto al classico Valpolicella era tradizione delle famiglie produrre anche il Recioto, scegliendo tra i grappoli migliori e di essi la parte migliore “le rece”, cioè le orecchie, dove gli acini sono di fatto più nutriti e quindi migliori.

Le arelle e l’antica arte dell’appassimento

Le uve venivano e vengono tutt’oggi appassite pazientemente per due o tre mesi, utilizzando le arelle, stuoie fatte con canne di bambù. I grappoli venivano messi nei locali alti delle cascine proprio per la maggior areazione con l’obiettivo di scongiurare il formarsi delle temutissime muffe.

Con l’appassimento e quindi con la perdita di altissime percentuali di acqua per ogni acino, almeno il 40%, gli aromi contenuti nelle bucce di queste splendide uve rosse vengono concentrati e anche gli zuccheri, regalando al vino ricchezza, profondità e soprattutto intensità.

Come nasce la dolcezza del Recioto

Agricoltore misura il contenuto di zucchero dell’uva con un rifrattometro – Deyan Georgiev/123RF

La dolcezza del Recioto viene realizzata fermando la fermentazione alcolica, generalmente attraverso il freddo, all’epoca venivano messe le botti nei cortili d’inverno, bloccando la fermentazione. I lieviti non mangiano più gli zuccheri e quindi rimane nel vino un residuo zuccherino che darà la famosa dolcezza. Le rese molto basse e la cura con cui veniva realizzato il Recioto ne facevano di fatto un vino di nicchia, il vino della festa, un vino addirittura destinato ad omaggiare i potenti.

Quando Adelino Lucchese scoprì per errore l’Amarone

Ma torniamo alla nostra storia. Ci troviamo nella locale cantina sociale di Valpolicella a Negrar, e qui un ignaro cantiniere, Adelino Lucchese, sta per compiere una casuale, ma quanto mai, determinante scoperta che sarà di fatto destinata a cambiare il volto della Valpolicella e della viticoltura veneta.

Il nostro Adelino, un giorno, scopre in un angolo buio della cantina sociale una botte di Recioto dimenticata. Adelino ne verifica immediatamente il contenuto per vedere se è ancora buono e se può evitare di denunciare ai suoi superiori questa grave dimenticanza e infatti, spillando il vino dalla botte, scopre che non solo è buono, ma anche che ha una caratteristica molto particolare diversa dal classico Recioto: è secco.

Infatti, nella botte di vino dimenticata, la fermentazione alcolica è andata avanti, i lieviti hanno mangiato tutti gli zuccheri e quindi non c’è residuo zuccherino. Il vino è secco, meravigliosamente secco. Adelino quindi chiama subito il direttore della cantina, il quale assaggiando il vino esclamerà: “ma non xe amaro! xe amaròn!” E nasce così, per caso, l’Amarone. Il vino, oggi, più famoso e più prezioso della Valpolicella, e come dicevamo all’inizio, uno dei 4 – 5 vini più noti e importanti italiani nel mondo.

“Vorrei ricordare che, in Valpolicella, tra quei borghi dove il profumo di tradizione e di qualità è ancora vivo, l’Amarone viene ancora chiamato con la definizione dialettale dell’epoca, cioè “ricioto scapà”, il recioto scappato.”

Le terre dell’Amarone e i Vitigni della tradizione

Vigneti nella regione della Valpolicella – Jarek/123RF

Dal punto di vista geografico, la zona di produzione dell’Amarone è inclusa nella recente DOCG, acquisita nel 2010, che comprende le cinque vallate storiche: Sant’Ambrogio, San Pietro, Negrar, Marano e Fumane, oltre alla Valpantena e a tutta la zona più a est verso Illasi.

Le uve obbligatorie sono la Corvina, a cui può essere alternato il Corvinone fino a un massimo del 50% e la Rondinella. Un restante 25% è dedicato a molte altre tipologie di uve, tra cui la Molinara, che fino a pochi anni fa era obbligatoria nel disciplinare dell’Amarone ma che oggi è facoltativa, pur continuando a essere utilizzata da molte cantine.

Dal punto di vista produttivo, dopo l’appassimento, l’Amarone affina in botti di legno per almeno due anni. Questo processo gli permette di ammorbidirsi, arrotondarsi e affinarsi, ma va anche detto che moltissimi produttori scelgono di farlo invecchiare molto più a lungo. Non è raro trovare etichette che hanno 5, 10, 15 o addirittura vent’anni, confermando così l’Amarone come un vero vino da invecchiamento.

L’ascesa lenta dell’Amarone, dall’ombra del Recioto alla fama

Certo, non si creda che l’amarone abbia avuto un immediato ed esplosivo successo di pubblico. La sua commercializzazione avviene parecchi anni dopo, nel 1953, una quindicina di anni dopo e comunque per decenni vive sempre all’ombra del ben più famoso Recioto.

Addirittura nelle etichette troviamo fino a tutti gli anni ’60 proprio la dicitura “Recioto Amarone”. Nel disciplinare del 1967 della Valpolicella, all’Amarone vengono riservate riservate pochissime righe.

Va ricordato che negli anni successivi, negli anni ’70, soprattutto le Cantine Bolla credettero particolarmente nel vino Amarone, dandogli dignità e una sorta di autonomia. Quindi non più un vino realizzato per caso ma assolutamente per scelta.

L’Amarone alla conquista degli Stati Uniti

Il vero successo commerciale dell’Amarone arrivò negli anni ’80, quando il mercato di riferimento all’estero era senza dubbio quello americano, con gli Stati Uniti in prima linea. In quel periodo, i vini morbidi, strutturati, alcolici, rotondi e di facile apprezzamento erano di gran moda, e l’Amarone sembrava fatto apposta per conquistare quel pubblico, garantendogli un successo straordinario.

Oggi, l’Amarone in Valpolicella, rappresenta almeno il 20% della produzione totale, mentre il Recioto è relegato a un modesto 2-3%: l’allievo ha superato il maestro. A tutto questo si aggiunge la creazione di un nuovo vino, il Valpolicella Ripasso, che con caratteristiche organolettiche simili all’Amarone ma con costi decisamente più contenuti, ha contribuito in modo significativo alla crescita della fama di questa terra.

Non dimentichiamoci, inoltre, che l’Amarone viene esportato per il 75% della sua produzione annuale. Prova evidente della sua straordinaria capacità di affascinare anche i palati oltre confine.

La storia avvincente dell’Amarone e il suo complesso processo di produzione

Sicuramente una storia avvincente, unica nel suo genere, ma soprattutto un metodo di produzione complesso e lungo, fatto di appassimento e invecchiamento. Pensate che, in alcuni casi, ci vogliono ben 10 chili di uva per realizzare una sola bottiglia di Amarone. E allora vi dico: diffidate delle bottiglie dal costo troppo basso che non rispettano i veri costi di produzione di un vino così pregiato. Un prezzo troppo basso non potrà mai garantire la qualità e la soddisfazione che un vero Amarone sa offrire.

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