Chiunque si sia avvicinato almeno una volta ai grandi rossi piemontesi si sarà posto la fatidica domanda: ma qual è la differenza tra Barolo e Barbaresco?
Una curiosità ricorrente, quasi esistenziale per gli appassionati. Dopotutto, sono due vini DOCG, entrambi prodotti nelle Langhe, a una manciata di chilometri l’uno dall’altro. E soprattutto, condividono la stessa uva: il Nebbiolo. Eppure, la risposta esiste, ed è più affascinante di quanto si pensi.
Le regole dell’affinamento e le prime distinzioni

l punto di partenza è comune, entrambi nascono esclusivamente da uve Nebbiolo, un vitigno nobile e tannico che ha bisogno di tempo e legno per esprimersi. Ma già nel disciplinare emergono le prime vere differenze.
Il Barolo può essere prodotto in uno degli 11 comuni autorizzati, tra cui naturalmente quello omonimo. Deve seguire un periodo minimo di 38 mesi di affinamento, di cui almeno 18 in botti di legno. Il resto può avvenire in acciaio o in bottiglia.
Il Barbaresco, invece, proviene da una zona più circoscritta: solo quattro comuni, incluso Barbaresco. I tempi di affinamento sono più brevi, almeno 26 mesi totali, 9 dei quali in legno.
Già qui si intravede un carattere più “pronto”, meno austero.
Ma queste differenze tecniche non bastano a spiegare il contrasto profondo tra i due vini. Per comprenderlo davvero, bisogna andare più in profondità. Letteralmente.
Il suolo, le radici e la geologia che cambia tutto

Le radici del Nebbiolo affondano in profondità, fino a sei o sette metri nel terreno, ed è proprio questa caratteristica che lo rende un interprete fedelissimo del terroir. La pianta assorbe le sostanze presenti nei vari strati geologici, trasferendole ai grappoli, e ogni strato racconta una storia diversa.
Le zone del Barolo e del Barbaresco, pur vicine, hanno avuto evoluzioni geologiche differenti, con sedimentazioni avvenute in epoche diverse, questo ha generato suoli dalle composizioni uniche, che si riflettono direttamente nel profilo sensoriale dei vini.
Un esempio, i Barolo prodotti nella zona di La Morra o Barolo provengono da terreni ricchi di marne calcaree, con sabbie e argille. Il risultato? Vini più eleganti, con tannini levigati e profumi più delicati, diversamente, nelle aree di Monforte d’Alba, Castiglione Falletto e Serralunga, dominate da arenarie, si ottengono Barolo più potenti e strutturati, con tannini più marcati e personalità più esuberante.
Menzioni geografiche e identità territoriali

Le differenze tra zone sono così rilevanti che, nel 2010, il disciplinare del Barolo ha introdotto le M.G.A. – Menzioni Geografiche Aggiuntive, sono ben 181 sottozone, corrispondenti a specifici cru, singole vigne o appezzamenti di pregio. Un sistema simile a quello francese dei climat borgognoni, che consente di valorizzare al massimo l’identità di ogni singola area.
Anche il Barbaresco ha adottato le M.G.A., sebbene in forma più contenuta, in effetti, i suoi suoli ricordano da vicino quelli della zona di La Morra: marne calcaree più uniformi e diffuse, senza la frammentazione tipica del Barolo.
Il risultato è sorprendente, Barbaresco ancora più elegante, fine nei profumi, con tannini setosi, meno spigolosi, ma sempre presenti. Una struttura importante, ma con un tocco di grazia.
Barbaresco e Barolo, tra forza e finezza

Alla luce di tutto questo, la differenza principale tra Barolo e Barbaresco è sensoriale: aromi, struttura e tessitura del tannino.
Il Barolo è spesso descritto come più “maschile”, per la sua potenza e profondità, il Barbaresco, invece, ha una fama più “femminile”, grazie alla sua finezza espressiva, ma attenzione, questa non va intesa come debolezza, il Barbaresco è un vino complesso, strutturato, capace di lunghi invecchiamenti, non a caso, Barolo e Barbaresco sono le uniche due DOCG italiane ad aver introdotto formalmente le menzioni geografiche nel disciplinare.
Nemmeno Montalcino, patria del Brunello, ha fatto altrettanto, un’ulteriore conferma di quanto sia profonda e ricca la relazione tra vino e territorio in queste due eccellenze piemontesi.